fitoescursione

"A'menesta ddo' RE"

 domenica 8 marzo 2009  passeggiata nel Bosco di Capodimonte

Conoscenza di erbe spontanee commestibili

Degustazione di alcuni cibi preparati con erbe spontanee.

 

appuntamento ore 10,30 ingresso Parco Porta Piccola

 

giardino della Torre  Bosco di Capodimonte
giardino della Torre Bosco di Capodimonte

"A' menesta ddo' Re"

 

…..quando nel 1734  CarloIII di Borbone pose il suo sguardo sul’amena collina di Capodimonte per farne una riserva di caccia, questo sito che nell’arco di un secolo diventò uno dei fiori all’occhiello della corte Borbonica,era abitato da fattori e contadini

 

Diverse dominazioni (spagnoli,francesi,austriaci) nel corso dei secoli avevano influenzato la cucina partenopea, ma non avevano mai annullato la profonda differenza tra una ricca e preziosa cucina aristocratica con abbondanza di carne,pesce e spezie e la semplice e modesta cucina popolare che attingeva le sue materie prime dalla natura :cereali,ortaggi,erbe e legumi trasformate in gustose pietanze dalla creatività e fantasia dei napoletani.

 

Fu solo nel periodo borbonico,forse per la naturale e socievole inclinazione dei regnanti spagnoli verso il “proprio popolo suddito”,che le due cucine si incontrarono e coniugando la ricchezza dell’una con la semplicità dell’altra,i cuochi di corte riuscirono a creare dei connubi perfetti:uno tra i tanti, particolarmente apprezzato da FerdinandoI “a’menesta maretata”che rimane ancora oggi uno dei piatti caratterizzanti la cucina partenopea.

 

A’ menesta secondo ricette dell’epoca è un brodo co diverse carni e salumi con aggiunta di verdure ed erbe spontanee:cicorie,lattughine,erba cappuccina,verze raccolte da fattori e contadini di corte di buon mattino nei campi e negli orti del regno

 

 

Ferdinando I successe al padre CarloIII, costretto a ritornare in Spagna  ad occupare il trono resosi vacante ,alla sola età di 9 anni.

Fin dalla nascita ,piuttosto che a nobili dame,fu affidato ad una popolana,madre di un bambino  suo coetaneo e con il quale trascorse tutta la sua infanzia acquistandone usi e abitudini popolari oltre alla spontanea vivacità e allegrezza partenopea. Anche la sua educazione,affidata al principe di San Nicandro,fu volta più alla prestanza e robustezza fisica che alla cultura,così il giovane re,nonostante la sua intelligenza, rimase incolto e rozzo.

L’ educazione sentimentale ricevuta nell’infanzia lo portò da adulto  a disdegnare la mondanità di corte e a ricercare la spontaneità del popolo col quale piaceva confondersi quando,imitandone il modo di vestire e parlare,passeggiava liberamente nei quartieri popolari gustando con avidità tutte le pietanze vistosamente esposte sui banchi delle vie della città

 

foto dal Bosco